Il Destriero torna in Italia? In campo anche Governo e Fincantieri

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Fonte immagine: www.nautipedia.it

Proseguono i lavori per riportare il lavoro in Italia, iniziativa promossa dalla Presidenza degli Stati Generali del Patrimonio Italiano (ve ne avevamo parlato qui). Tra i protagonisti interpellati, secondo quanto riporta l’organizzazione, ci sarebbero ora anche Fincantieri e Ministero della Cultura che lasciano vedere uno spiraglio.

Il Destriero torna in Italia?

Quante volte abbiamo sentito dire che nel nostro Paese non c’è cultura nautica, cultura del mare. Memoria corta o incapacità di trasmettere alle nuove generazioni questa passione? Se provassimo a chiedere ad un ragazzo sotto i trent’anni cosa sia il “Destriero” probabilmente penserebbe ad un cartone della Dreamworks. Eppure il Destriero è una leggenda, un fulmine d’alluminio che, ad inizio anni Novanta, sfrecciò in Atlantico a 53 nodi di media spinto da 60.000 cavalli. Bolidi del genere non se ne sono più visti, tanto che il record di 58 ore, 43 minuti e 5 secondi per lasciare a poppa oltre 3.100 miglia, è tutt’ora imbattuto.

Oggi una barca del genere sarebbe anacronistica, in particolare per le critiche che attirerebbe dal punto della sostenibilità. Altri tempi, altro spirito. Quello che, però, varrebbe la pena salvare e conservare è uno dei progetti più ambiziosi (e riusciti) che l’Italia abbia mai portato avanti nella sua storia nautica recente. Certo, non basta mettere un’imbarcazione in un museo per creare “cultura del mare”, ma per appassionare le nuove generazioni servono anche miti e leggende. E il Destriero, indiscutibilmente, lo è.

Destriero, il ruolo di Fincantieri e del Ministero della Cultura

L’attuale proprietario dell’imbarcazione è il principe Karim Aga Khan che possiede il Destriero attraverso una rete di società estere. Proprio all’Aga Khan, a dicembre, era arrivato un appello da Alberto Scuro, presidente della commissione motorismo storico degli Stati Generali del Patrimonio Italiano.

L’on. Alberto Tombolato e l’on. Riccardo Molinari (primo firmatario) hanno coinvolto circa trenta parlamentari per sottoscrivere un’interrogazione rivolta al ministro della Cultura, Dario Franceschini. La prima risposta è arrivata dalla sottosegretaria del Ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni la quale ha dichiarato che “non si esclude la possibilità che il ministero possa contribuire o partecipare a progetti di tutela e valorizzazione della nave Destriero”.

La conditio sine qua non di questo contributo sembra, però, prevedere che il Destriero rientri in Italia. E muovere un’imbarcazione lunga 68 metri e larga 13, non è un’operazione banale. Anche perché, presumibilmente, prima dovrebbero essere fatti avanti studi sulla fattibilità dello spostamento, burocraticamente e tecnicamente, per poi capire dove andare a posizionarlo e, soprattutto, come valorizzarlo.

A proposito degli aspetti più pratici, si è mosso il presidente degli Stati Generali del Patrimonio Italiano, Ivan Drogo Inglese, che si è confrontato con il generale Carlo Magrassi, attuale presidente della Fondazione Fincantieri. È il gruppo cantieristico navale, che costruì il Destriero nei cantieri del Muggiano, potrebbe avere un ruolo decisivo nel recupero.

Drogo Inglese e Magrassi sarebbero entrambi propensi ad organizzare una cerimonia al cantiere in occasione del trentennale dell’impresa (il prossimo 9 agosto). La proposta ha raccolto anche l’approvazione del sindaco del comune di La Spezia nonché presidente della provincia Pierluigi Peracchini. Anche Cesare Fiorio, protagonista dell’avventura del Destriero di cui era pilota, segue gli sviluppi della vicenda.

Destriero, salvarlo ha senso?

Qualcuno potrebbe obiettare se il gioco valga effettivamente la candela. Dopo tanti anni ha senso riportare il Destriero in Italia? Per farne cosa? L’operazione non è di certo a costo zero. A questo bisogna aggiungere il mantenimento di una struttura del genere, anche solo per renderla “visitabile”. E poi la gestione nel tempo, lo sviluppo di un piano. Insomma, le tessere del puzzle che si devono incastrare sono tante. È vero, però, che le imprese hanno bisogno dei loro simboli per restare vive. Voi cosa ne pensate? Scriveteci il vostro punto di vista a info@barcheamotore.com


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